Marchese Don Antonio de Gregorio Brunaccini P.pe di S.Teodoro

Marchese Don Antonio de Gregorio di S.Teodoro e Brunaccini

Il Marchese Antonio de Gregorio Brunaccini, Marchese del Parco Reale, Principe di San Teodoro, nacque a Messina il 27 giugno 1855 e morì in Palermo nel 1930. Fu naturalista, geologo, archeologo, agricoltore, musicologo, multiforme ingegno. Dottore in scienze naturali; Socio attivo della R. Accademia di Scienze, Lettere e Belle arti di Palermo; Socio corrispondente della Accademia di Scienze di Philadelphia New York,  St. Louis (Missouri), Baltimora (Maryland), San Francisco (California), Catania, Verona, Padova ; Soc. Agr. Storia Nat. Lione (Francia), Buffalo (USA), Albany Institut,  della Royal Society , South Australia (Adelaide), American Philosophical Society,  Società Naturalisti di Mosca, Museo di Scienze Naturali di Parigi, Accademia Reale delle Scienze di Barcellona (Spagna), Socio onorario dell’Accademia Olimpica di Vicenza e del Museo di Rovereto,  etc.

Nel palazzo de Gregorio dove lui abitava è in via di sistemazione un Museo contenente alcune delle sue collezioni.

Si laureò in Scienze Naturali, allievo di Pisati e di Todaro all’Orto Botanico, che sorgeva su parte di un fondo, Vigna del Gallo, di proprietà de Gregorio (proveniente dalla famiglia di sua moglie Maria Francesca Vanni d’Archirafi)  e su cui furono edificati l’Università di Scienze Naturali e il Consorzio Agrario Provinciale. Collaborò al laboratorio di Geologia diretto da Giorgio Gemmellaro divenendo un appassionato geologo e ricercatore di fossili di cui diventò grande collezionista. Al Museo di Geologia lasciò in eredità tutta la sua collezione privata che, rimasta chiusa in casse (inizialmente a causa delle vicende belliche) per decenni, dalla sua morte fino ai primi anni 1980, subì purtroppo il deterioramento dei cartellini cartacei identificativi dei reperti. Questo constatò infatti il compianto Prof. Enzo Burgio, nella sistemazione del Museo, nell’aprire le casse e dovendo esporre questi materiali oramai privi M.Francesca Vanni d'Archirafi e Paternò Castello in de Gregoriodi contesto (conversazione personale). Lasciò inoltre una collezione di reperti paleontologici e archeologici presso il suo Palazzo in Palermo, per fortuna tutti pubblicati nei suoi Annales de Géologie et de Paleontologie. Amico e compagno di esplorazioni del Prof. Minà Palumbo, e del Failla;  amico e collaboratore del Prof. Salinas, e poi del di lui successore Prof. Ettore Gabrici, Direttore del Museo di Palermo che allora racchiudeva tutte le Collezioni Archeologiche, della Pinacoteca e del Museo di arti e tradizioni popolari. Gabrici  sposò in seconde nozze Vittoria, sorella di sua nuora Giovanna San Martino De Spuches,.

Antonio de Gregorio oltre ad occuparsi delle sue proprietà agricole e dell’amministrazione del suo vasto patrimonio, fu un ingegno multiforme, curioso della realtà che lo circondava e desideroso di apprendere e di studiare il mondo. Fu cultore di fotografia e di cinematografia: restano le sue macchine fotografiche e proiettori oltre che numerose lastre fotografiche e fotografie familiari. Membro corrispondente di numerose Società internazionali, particolarmente appassionato di scienze naturali, geologia e malacologia, rimangono corrispondenze epistolari in inglese, francese e tedesco con diverse personalità a lui contemporanee da Guglielmo Marconi a Freud ad Einstein a Paul Ehrlich fondatore della chemioterapia. Fu amico fraterno di Peppino Whitaker essendo una delle cinque persone a cui questi dava del “tu”e con il quale avviava esperimenti di coltivazione di nuove specie botaniche, come l’agave sisalana a Antonio de Gregorio BrunacciniMozia. Coltivò tra l’altro le annone e il kumquat, introdusse la coltivazione del pompelmo in Sicilia, a Villabate nelle aziende di famiglia.

Versatile in molte arti, autore di varie delicate composizioni poetiche familiari (Bozzetti, ed. C. Clausen, Palermo 1894) e di suonate e sinfonie per pianoforte e organo come quella composta nel luttuoso evento della morte del suo figlio secondogenito Francesco al Carso.

Fu autore di un inno cantato dalle sue allieve dell’Educatorio Whitaker in occasione della visita del Re Umberto I e della Regina Margherita e ministri, che nel 1896 trasformò nell’opera  “Giselda”.

Appassionato di montagna e di alpinismo, da amico, oltre che cugino di Paolo Lioy fondò la sezione di Palermo del Club Alpino Italiano, insieme a Franco Lanza Principe di Scalea.

Su di lui riportiamo ciò che pubblicava Francesco San Martino, suo consuocero, nella Storia dei Feudi: “E’ Dottore in Scienze naturali; autore di moltissime pubblicazioni scientifiche in Paleontologia, Geologia, Botanica, Fisica, Agricoltura, Archeologia, etc.; nonché di opere letterarie e musicali. E’ socio attivo della R.Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo, 2 gennaio 1887; Socio Onorario dell’Accademia Olimpica di Vicenza, e del Museo di Rovereto; Socio Corrispondente dell’Accademia di Scienze di Philadelfia, New York, Catania, Verona, Padova, Saint Louis (Missouri), Maryland (Baltimora), California (San Francisco), Soc.Ag. Storia Nat. Lione (Francia), Buffalo (America), Albany Istitut, Royal Society South Australia (Adelaide), American Philosophical Society, Società Naturalisti di Mosca, Museo di Scienze Nat. di Parigi, Accademia Reale delle Scienze di Barcellona (Spagna) etc. E’ direttore degli Annales de Géologie et de Paleontologie, del Naturalista Siciliano e degli Studi Archeologici Iconografici etc.”

Antonio de Gregorio Brunaccini con la famigliaSposò in Palermo a 21 aprile 1887, Maria Francesca Vanni di Francesco Duca di Archirafi e di Rosalia Paternò Castello (Carcaci).

Dalla moglie ebbe sei figli, il maggiore e continuatore del casato fu Camillo, il secondogenito Francesco morì dilaniato da una bomba sul Carso durante la 1 Guerra Mondiale e fu sepolto a Redipuglia.

Delle sue quattro figlie, solo Litteria sposata con Giulio Rezia, di Bellagio e Milano, ebbe numerosa discendenza, Cecilia si sposò con Orazio Briuccia Fatta e le gemelle Rosalia e Margherita restarono nubili.

Morì a Palermo il 5 dicembre 1930.

 

Testi di Virginia Fatta Martinez Tagliavia